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«In Italia spesso preferiamo andare avanti così, senza sapere di chi è la colpa. Questo racconto, solo in parte romanzato, intende spezzare questa tendenza irresponsabile, non per condannare qualcuno. Sono gli organi preposti a doverlo fare. L'impegno quotidiano a riconoscere e a dare un nome al male, ad individuare le nostre responsabilità, serve a tutti a provocare un serio esame di coscienza e a domandarci se potevamo fare di più per le vittime innocenti, per i loro familiari, per gli imprenditori ed i commercianti che denunciano il pizzo o l'usura, per i testimoni di giustizia, per le nostre comunità. Nella triste vicenda di Pompeo Panaro, imprenditore lungimirante, onesto lavoratore, buon padre di famiglia e uomo appassionato di quella politica alta, il cui unico obbiettivo è servire la comunità, sono in molti ad essere responsabili. A parte chi ha sparato ed occultato il cadavere, sono ugualmente responsabili dal punto di vista morale, i tanti inquirenti che con superficialità, distrazioni ed omissioni si sono susseguiti nel corso delle varie fasi processuali e non. Responsabili anche coloro, e sono in tanti, che sapevano sin dall'inizio ciò che era successo e non hanno parlato, come il pastore Luigi Chianello ad esempio, che addirittura ha rinvenuto il cadavere. Ma sono ugualmente responsabili quei cosiddetti "onesti" cittadini paolani che sapevano ed hanno preferito nascondersi dietro il vile gesto della telefonata o della lettera anonima. Sì, ne sono più che convinto, la malapianta della 'ndrangheta la si può sradicare dando ascolto al dolore dei familiari delle vittime innocenti. Solo questo ascolto attento e non superficiale, sporadico o momentaneo provoca quel sano sussulto di coscienza che ci spinge ad osare di più».